Nella sclerosi multipla è efficace il trapianto autologo
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 05 dicembre 2020.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste
e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La sclerosi multipla, malattia demielinizzante, infiammatoria,
immunoreattiva e neurodegenerativa con esordio più frequente in età giovanile e
sesso femminile più colpito (3:1), ha una prevalenza al nord 6 volte maggiore del
sud, sia in Europa che negli USA, e costituisce una grave minaccia per la vita
dei pazienti affetti dalle forme progressive e un cronico impegno di verifica e
adattamento terapeutico nel caso degli affetti dalla più comune forma remittente-recidivante.
Anche se si è giunti a una precisa definizione genetica di alcune rare
forme familiari, l’eziologia è per la stragrande maggioranza dei casi ancora
indeterminata e gli studi sulla patogenesi, sebbene abbiano consentito lo
sviluppo di farmaci e protocolli di trattamento in molti casi efficaci sulle
lesioni e sulle manifestazioni cliniche, non hanno ancora fornito le conoscenze
necessarie ad arrestare il processo patologico determinando la guarigione
completa e definitiva. Su questa base, e nella speranza di riuscire ad arrestare
le forme progressive che attualmente costituiscono una sconfitta per la terapia
in neurologia, proseguono gli studi preclinici sui meccanismi patologici e la sperimentazione
terapeutica di risorse, come la terapia cellulare, che hanno un ottimo
fondamento biologico e razionale.
I corticosteroidi, il β-interferone, gli immunosoppressori, il
glatiramer e gli anticorpi monoclonali, insieme con misure generali e trattamenti
sintomatici specifici[1], assicurano nella maggior parte dei
casi una gestione efficace del decorso, anche se spesso il ruolo di ciascuno di
questi presidi è stato sopravvalutato a causa della natura remittente della
sclerosi multipla, che a volte rimane quiescente per lunghi periodi. Rimane,
tuttavia, il problema delle forme progressive, di quelle che lo diventano e
delle fasi avanzate delle forme remittenti che spesso non rispondono più o
rispondono poco alle misure dei protocolli attualmente in uso. Per tutti questi
pazienti si sta verificando l’efficacia clinica del trapianto autologo di
cellule staminali mesenchimali.
Panayota Petrou con
Dimitrios Karussis e
numerosi colleghi ha valutato le vie di somministrazione, la sicurezza e l’efficacia
clinica del trapianto di cellule staminali mesenchimali (MSC), ottenute da
midollo osseo, in pazienti con sclerosi multipla attiva e progressiva.
(Petrou P., et al. Beneficial effects of autologous
mesenchymal stem cell transplantation in active progressive multiple sclerosis.
Brain - Epub ahead of print doi:
10.1093/brain/awaa333, 2020).
La provenienza degli autori è la seguente: Unit of
Neuroimmunology and Multiple Sclerosis Center, Hadassah University Hospital,
Jerusalem Ein-Kerem (Israele);
Department of Neurology and The Agnes-Ginges Center
for Neurogenetics, Hadassah University Hospital, Jerusalem Ein-Kerem
(Israele); Experimental and Clinical Research Center,
Department of Neurology, Department of Neuroradiology, Free University of
Berlin, Berlin (Germania).
La malattia alla quale Rita
Levi-Montalcini ha dedicato una fondazione e tutto il suo impegno all’indomani
del Nobel per la scoperta del Nerve Growth Factor (NGF), è chiamata
nella nosografia internazionale sclerosi multipla, seguendo il criterio introdotto
dai medici americani, che è stato preferito a quello più antico di sclerosi
a placche (sclerose en plaques) dei medici
francesi, centrato sul carattere delle lesioni in fase avanzata, e alla
definizione di sclerosi disseminata dei neurologi britannici, che
sembrava suggerire una distribuzione più diffusa e indiscriminata rispetto alla
realtà clinica. La malattia, diagnosticata con precisione solo con l’introduzione della risonanza
magnetica nucleare che ha consentito la visualizzazione diretta del cervello nel
paziente con elevata specificità di contrasto della sostanza bianca, allo studio
anatomopatologico post mortem sembrava sfidare la classica dicotomia
della neurologia clinica ottocentesca, che contrapponeva anatomicamente e
concettualmente la lesione focale al danno generalizzato. Ma leggiamo, in
proposito, un cenno storico già proposto in un precedente articolo:
“All’inizio del diciannovesimo secolo la malattia,
poi denominata dai neurologi britannici disseminated sclerosis e da quelli francesi sclérose en plaques, era già conosciuta, come si
desume dalle accurate descrizioni pubblicate nel tempo da Carswell,
da Cruveilhier e poi da Frerichs.
È interessante notare che, solo dopo quel periodo, si ebbe l’interessamento da
parte di Jean-Martin Charcot, in molte trattazioni
indicato quale primo studioso di questa malattia. La ragione di tale
attribuzione è tuttavia facile da comprendere, se si considera che il celebre chef de clinique
della Salpêtrière che attrasse a Parigi il giovane
Freud per i suoi studi sull’isteria, analizzò accuratamente ben 34 casi,
definendo nel 1868 aspetti anatomopatologici e clinici mai rilevati in
precedenza, e successivamente richiamò l’attenzione della comunità medica
internazionale istituendo una fondazione per lo studio della malattia[2]. Un’altra ragione dell’oblio toccato agli studi dei
neurologi che avevano preceduto Charcot è nella
formulazione di ipotesi eziologiche erronee, talvolta elaborate secondo
concezioni che ci appaiono anacronistiche. Ad esempio, Cruveilhier,
nel suo saggio pubblicato intorno al 1835, ipotizzava all’origine della
sclerosi multipla una soppressione della sudorazione”[3].
Da quell’epoca si sono compiuti
notevoli progressi soprattutto nella conoscenza dei processi patologici. Si è
definita nel tempo la natura di malattia demielinizzante, si sono studiate le
componenti infiammatorie ed autoimmuni, con l’individuazione degli anticorpi
diretti contro antigeni della guaina mielinica e la definizione dei passi
molecolari e cellulari che portano dalla reazione autoimmune alla perdita dei
neuroni e alla formazione delle placche.
Nel corso degli anni recenti numerose
prove dell’importanza dei fattori genetici hanno indotto un’intensificazione
degli studi su questa ipotesi eziologica: “Anche alcuni risultati di studi volti ad accertare
il ruolo di fattori ambientali hanno contribuito a confermare l’importanza
della ricerca sull’eziologia genetica, nonostante siano sempre mancate evidenze
per una ereditarietà mendeliana[4]. La diversa prevalenza fra gruppi etnici e la già
ricordata differenza nella concordanza fra gemelli monozigoti e gemelli
dizigoti hanno costituito fattori determinanti. Più recentemente l’analisi
estesa all’intero genoma del polimorfismo di singoli nucleotidi ha identificato
numerosi loci genici associati ad accresciuto rischio di malattia nella
popolazione generale[5]. Molti polimorfismi mappano geni o loci genici
associati con la regolazione immunitaria. Una forte associazione rilevata
qualche anno fa è quella con l’HLA-DRB1 sul cromosoma 6p21, che sembra dar
conto del 16-60% di suscettibilità genetica allo sviluppo della malattia. Il
prosieguo della ricerca sta identificando un numero sempre crescente di loci
genici verosimilmente legati alla possibilità di sviluppare un disturbo
neurologico clinicamente rilevante, pertanto l’opinione più seguita fra i
genetisti è che, se si dimostrerà che la sclerosi multipla è in senso stretto
una malattia genetica, sarà definita come un disturbo complesso nel quale molti
geni polimorfici interagenti hanno una bassa penetranza ed esercitano un
piccolo effetto sul rischio patologico complessivo[6]”[7].
Ma Wang e
colleghi, in controtendenza rispetto all’opinione prevalente
sul ruolo dei fattori genetici nell’eziopatogenesi della sclerosi multipla, hanno
formulato l’ipotesi dell’esistenza di una mutazione genica all’origine dei
meccanismi che generano la malattia. Studiando due famiglie caratterizzate
dall’incidenza multipla di membri affetti da forme gravi e progressive, con una
età media di insorgenza di 34 anni, i ricercatori hanno identificato in 7
persone una mutazione nel recettore nucleare NR1H3, consistente nella
sostituzione di un’arginina con una glutammina: p.Arg415Gln[8].
Questa acquisizione
accentua la differenza nel ruolo eziologico dei fattori genetici tra forme
familiari e forme non legate a familiarità, prevalenti nella popolazione
generale.
Da un punto di
vista clinico si riconoscono nella sclerosi multipla 5 forme principali: la
remittente-recidivante, che è la più frequente, la forma secondariamente
progressiva, quella più rara che assume subito andamento progressivo, la forma
acuta[9] e, infine, la sclerosi cerebrale diffusa[10]. In vari casi l’emergenza clinica assume il profilo
di una delle seguenti sindromi: 1) neurite ottica; 2) mielite trasversa; 3)
atassia cerebellare; 4) sindromi del tronco encefalico (vertigine, disartria,
diplopia, dolore o torpore faciale).
Ma, torniamo alla sperimentazione
terapeutica sul trapianto autologo di cellule staminali mesenchimali negli
stati di attività della patologia e nelle forme progressive.
Lo studio di Panayota
Petrou e colleghi è stato realizzato[11] selezionando e includendo nel protocollo, dal 2015 al 2018, 48 pazienti,
di cui 28 di sesso maschile e 20 di sesso femminile in base al requisito di una
diagnosi di sclerosi multipla progressiva e all’evidenza o di
peggioramento clinico o di significativa attività infiammatoria durante l’ultimo
anno di decorso[12]. I pazienti sono stati distribuiti con criterio casuale (random) in
tre gruppi: 1) Primo gruppo: trattamento intratecale (IT); 2) Secondo gruppo:
trattamento intravenoso (IV); 3) Terzo gruppo: iniezione finta per far la tara dell’effetto
placebo. I primi due gruppi hanno ricevuto cellule MSC in ragione di 1 ×
106/kg.
Dopo 6 mesi, metà dei pazienti dei
primi due gruppi è stata nuovamente trattata con cellule MSC e l’altra metà ha
ricevuto iniezioni fittizie. I pazienti assegnati nella prima parte dello
studio al gruppo del finto trattamento (“3”) sono stati suddivisi in due
sottogruppi, sottoposti a trattamento, rispettivamente, con MSC-IT e con
MSC-IV. La durata complessiva della sessione sperimentale è stata di 14 mesi,
durante i quali non sono stati rilevati effetti collaterali indesiderati o nocivi.
Nei due gruppi sottoposti a
somministrazione intratecale o intravenosa delle staminali mesenchimali
autologhe, un numero di pazienti significativamente più basso di quello
accertato nel terzo gruppo (finto trattamento) ha sperimentato l’inefficacia
del trattamento: 6,7%; 9,7% e 41,9%, rispettivamente, P = 0,0003 e P 0,0008.
Durante il follow-up a un
anno di distanza, 58,6% e 40,6% dei pazienti trattati con MSC-IT e con MSC-IV,
rispettivamente, non hanno mostrato evidenza di attività della patologia,
contro solo il 9,7% del gruppo sottoposto a finto trattamento (P < 0,0001 e
P < 0,0048, rispettivamente).
Il trapianto di cellule MSC effettuato
per via intratecale ha ottenuto benefici aggiuntivi per ciò che concerne la
frequenza delle recidive, il parametro delle variazioni mensili del carico delle
lesioni in T2 alla RMN e i seguenti test: 25-foot walking
test temporizzato, 9-hole peg test, optical
coherence tomography, fMRI
con test cognitivi.
Lo studio dei parametri e l’accurata
osservazione clinica dei pazienti sottoposti a questa sperimentazione mostra
che il trattamento con MSC è ben tollerato nella sclerosi multipla progressiva
e ha indotto effetti benefici immediati riguardo lo scopo principale,
specialmente nei pazienti con patologia attiva. Dall’esame di tutti i risultati,
per il cui dettaglio si rinvia al testo integrale dello studio, si deduce che
la somministrazione intratecale è complessivamente più efficace di quella intravenosa
su vari parametri della malattia.
A noi sembra che l’esito di questo
trapianto autologo di MSC nelle forme di sclerosi multipla più resistenti al
trattamento sia molto incoraggiante, pertanto attendiamo con fiducia e speranza
una conferma di questi dati nella fase III della valutazione clinica.
L’autore della
nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la
correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni
Rossi
BM&L-05 dicembre 2020
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Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Fra questi assume un rilievo
particolare il trattamento della neurite ottica.
[2] Questa iniziativa, a un secolo
di distanza, ispirò Rita Levi-Montalcini per la costituzione dell’AISM.
[3] Note e Notizie 11-06-16
Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.
[4] Cfr. Adams and Victor’s Principles
of Neurology, Tenth Edition, p. 917, McGraw Hill, 2014.
[5] Cfr. Australia and New Zealand Multiple Sclerosis Genetics
Consortium (ANZgene), 2009; De Jager et al. Nature 41, 776-782, 2009.
[6] Staugaitis
S. M. & Trapp B. D., op. cit., p. 696.
[7] Note e Notizie 11-06-16
Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.
[8] Note e Notizie 11-06-16
Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.
[9] Malattia di Marburg
e sclerosi multipla tumefattiva.
[10] Malattia di Schilder
e sclerosi concentrica di Balo.
[11] Per chi sia interessato: Trial Registration NCT02166021.
[12] Expanded Disability Status Scale:
3.0-6.5 mean: 5.6 ± 0.8 mean age: 47.5 ± 12.3.